Passa per le Pmi la nuova "fase 2" europea per ritrovare la crescita perduta. Un piano in sei mosse per dare una scossa alle piccole e medie imprese a corto di liquidità, ma anche una lotta contro il tempo per rispettare l'impegno scritto nero su bianco di realizzarlo entro cinque mesi. E la cura che si sono autoprescritti i capi di Stato e di governo della Ue al vertice dello scorso 30 gennaio.
Un patto per il rilancio, sulla linea tracciata dal presidente della Commissione, José Manuel Barroso, dopo la ritrovata via del rigore con il fiscal compact. Tutti gli attori in gioco (Paesi membri, presidenza di turno danese, esecutivo Ue, Parlamento) saranno impegnati in uno slalom per presentarsi al traguardo del vertice di giugno senza scivolate.
«È vitale - si legge nelle conclusioni del summit - adottare misure per fronteggiare il credit crunch, che limita la capacità delle imprese di crescere e creare occupazione».
La prima curva ad arco stretto da superare sarà la riprogrammazione dei fondi strutturali in chiave congiunturale. Le risorse scarseggiano, così il summit Ue ha deciso di destinare quelle non ancora utilizzate per il periodo 2007-2013 a imprese e occupazione. Un tesoretto che vale 82 miliardi, tra Fondo sociale europeo (22 miliardi), fondi regionali e fondo di coesione (60 miliardi). Per l'Italia si tratta di 8 miliardi: 3,67 dalle casse del Fondo sociale europeo e 4,3 da quelli regionali. L'esecutivo Ue ha proseguito il dibattito anche dopo il summit e ha organizzato mercoledì e giovedì scorso un seminario del collegio dei Commissari dedicato alla crescita.
«In quell'occasione - spiega Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione e responsabile per l'Industria - ho proposto di trasferire i fondi non utilizzati verso il Cip, il Programma per la competitività e l'innovazione, che ha regole di applicazione facili, ideali per le Pmi nelle prime fasi di vita Le risorse a esso destinate sono già esaurite e nel 2012 la domanda supera di 100 milioni di euro l'offerta». Colmare quel gap, secondo Tajani, «consentirebbe di concedere prestiti per oltre 3 miliardi di euro a favore di 46mila piccole imprese». La palla passa ora nel campo delle autorità nazionali che dovranno stabilire come riprogrammare il denaro disponibile.
«Lo sforzo è apprezzabile - afferma Benedicta Marzinotto, ricercatrice del think tank Bruegel di Bruxelles -, non dimentichiamo però che le risorse sul piatto non sono nuove. Non si specificano poi le modalità da seguire per la riprogrammazione e non vengono dati indirizzi per il futuro».
I leader promettono poi di promuovere gli strumenti di micro-finanza a sostegno dei piccoli. Un migliore accesso al credito passerà anche per un rafforzamento del ruolo della Bei, la Banca europea per gli investimenti, che stipula accordi con gli istituti di credito per finanziamenti agevolati.
In Italia lo strumento è particolarmente apprezzato: dal 2006 al 2010 sono state finanziate oltre 49mila Pmi per un valore di 10,2 miliardi di euro e nei primi nove mesi del 2011già 8mila "piccole" ne avevano beneficiato. Ora il Consiglio, la Commissione Ue e la Banca del Lussemburgo dovranno formulare raccomandazioni per aumentare la potenza di fuoco.
Il ruolo della Bei sarà determinante nell'attuazione dei project bond, obbligazioni finalizzate alla realizzazione di un progetto, che insieme al mercato unico sul venture capital rappresentano la parte del percorso più ripida I leader si sono impegnati a «esaminare rapidamente» la proposta presentata dalla Commissione a ottobre per partire nel 2012-2013 con un progetto-pilota che riguarda le reti trans europee di trasporto ed energia e i fondi per l'innovazione. Il dossier debutta oggi alla commissione Bilancio dell'Europarlamento, mentre nella sede del Consiglio l'analisi a livello tecnico ha mosso solo i primi passi. L'altro tema spinoso riguarda la proposta di regolamento dell'esecutivo Ue su un mercato del venture capital senza fronde-re, con l'istituzione di un passaporto con requisiti comuni per gli operatori La presidenza di turno danese punta a rispettare la scadenza di giugno e ha preparato una bozza di compromesso per raggiungere un accordo in tempi brevi: qui si pone l'accento sulla parità di trattamento per tutti gli operatori. Dopo una serie di incontri tecnici la parola passerà ai politici. Il prossimo 20 febbraio è infatti in agenda un dibattito di orientamento al Consiglio competitività. Su questo tema, come per i project bond, è prevista la procedura di codecisione, che pone sullo stesso piano Consiglio ed Europarlamento e richiederà una negoziazione tra i due attori per trovare una posizione comune, rischiando di rallentare l'iter. L'ultima porta è forse la più grande da aggirare: i leader si impegnano a migliorare l'habitat per le Pmi, con la rimozione degli oneri amministrativi ingiustificati. Perché nei 27 non si ripeta più il caso di Pisa, dove Ikea ha impiegato sei anni per ottenere un permesso.
Fonte: Il Sole 24 Ore